martedì 12 maggio 2009

Il Minotauro in un labirinto d´inchiostro - Seconda Parte



Di Melissa C.

“L’isolamento è il prezzo, tutte le altre cose sono una prova della tua perseveranza, di come veramente desideri farlo(…)Cavalcherai la vita fino alla risata perfetta.E’ l’unica battaglia giusta che ci sia”(Charles Bukowski)

Altea's Dream

Il tempo, figlio di Shiva, avrà due volti e sarà venerato in ogni sua sfumatura, dal giallo caldo e accogliente della placenta al blu profondo della notte. Lo venererai, lo amerai ma, come ogni amante, lo odierai quando ti toglierà tutto, persino la rabbia. Il gigante con le zampe da caprone le aveva sussurrato queste parole quando ancora il letto di lei odorava di lavanda e tra le dita ed i sogni di Altea scorrevano biglie di vetro colorate per giocare.
Il dio tempo non cede mai, neppure innanzi a due occhi vispi, e ben presto sostituì le biglie ad infinite pupille di vetro, sguardi vuoti che gettavano Altea nel muto silenzio della sua rabbia senza volto. Aveva conosciuto il tempo in cui i sogni sono fatti di mattoni ben squadrati e malta… Mattoni messi insieme da mani ruvide e mani affusolate di uomini e donne della stessa razza, quella dei visionari. Le mani, pronte a costruire labirinti in cui custodire i segreti del Minotauro, divennero sempre di meno. Il suono delle voci che avevano accompagnato quel tempo giallo, in cui infiniti cenci rossi venivano agitati da combattenti e guerriere di periferia, si era attenuato, fino a spegnersi. Non c’era più nessun esercito che potesse sposare la guerriglia, il cui desiderio faceva ancora pompare caldo sangue nelle vene di Altea.

Il tempo della solitudine è il più ingrato. Altea perse di vista quelli della sua razza, sempre troppo pochi e troppo dispersi in mondi paralleli. Quelli che aveva attorno non sembravano umani, simili invece a goblins dalle pupille di vetro. Umanoidi lobotomizzati. Non possedevano ormai né passato, né anima. Erano scherzi della natura in fila dietro la cassa del Mc Donald’s, incapaci di trasferire perversione, sregolatezza e rivolta nella propria normalità. Erano giudici dalle labbra strette, ragionieri privi di ragione, ingegneri capaci di costruire e produrre, ma non di amare. Non c’era più nessuno insieme al quale costruire castelli con mattoni e malta e nessuna pietra veniva più posta in difesa del labirinto in cui giaceva il Minotauro. Svanito per sempre era il regno di terrore di Minosse, adesso ricordato solo col segno delle corne, e niente più...

C’era stato un tempo in cui i visionari, con lunghe tuniche rosso porpora, aspettavano il loro turno per entrare nel labirinto del Minotauro o per ricevere un solo verso indecifrabile dalle labbra della Sfinge. Versi e parole sono eterni quando l’anima di qualcuno li imprigiona nell’inchiostro di pagine bianche, il cui candore apre allo scrittore infinite possibilità. Se scriverai o leggerai le pagine di un libro cercandovi l’anima smarrita dell’uomo che le ha scritte, sarà lì che sconfiggerai il tempo, quando si farà ingrato. Sarà allora che rivedrai il Minotauro e la Sfinge e, prendendoli per mano, li porterai lontano dai big mac, nel mondo senza tempo fatto di templi e piramidi. E’ quello il luogo in cui la Gioventù fuggente diventa eterno respiro di vita.Questa fu la seconda lezione che il Minotauro diede ad Altea, in un tempo di cui non aveva più memoria. Altea iniziò a scrivere, sperando che quelle parole raggiungessero altri visionari, altri mondi. Vestiva sempre di nero, portando il lutto eterno dei sogni morti all’alba, uccisi dal tempo ingrato.

Il Minotauro non può dar consigli senza lasciare intravedere il suono di una maledizione… E’ pur sempre una creatura di nervi e potere. E la maledizione c’era…

Se scriverai, un demone ti possederà, dandoti l’immortalità e riportando a te il sorriso della Gioventù fuggente. Nelle pagine che scriverai troverai un rifugio, lontano dalla realtà in cui hai visto morire i sogni. Se però ti fermerai troppo in quel rifugio ti perderai, come nel mio labirinto… Ti perderai nei meandri della tua mente ed il tutto sarà follia.

Altea, confinata nel limbo della mediocrità dai goblins che la circondavano, strinse il patto con il demone della scrittura, ma chi cede la propria anima a quel demone rischia di diventare folle, ombra di sé nel mondo dei vivi. Altea ne era consapevole e si chiese: vuoi ancora scrivere?

Un altro gigante di nome Buk, dalle gambe grosse e forti come quelle di un colosso, aveva spiegato ad Altea che per scrivere con l’anima è necessario l’isolamento. A lei tutto questo sembrava un destino cinico e ridicolo. Aveva deciso di scrivere per vincere il tempo della solitudine, eppure l’isolamento era l’unica strada percorribile. Fu allora che ricordò le parole del Minotauro. Doveva trovare le pagine scritte da un altro visionario. Doveva essere lei stavolta a leggere, cercando l’anima smarrita di uno scrittore sconfitto. Fu allora che si accorse di lui. Demetrio stonava rispetto a quella massa di goblins, fortunatamente stonava. Le sorrise, di un sorriso a metà, guardando quanto inutilmente lui si affannasse a mettere i jeans una gamba per volta, senza capire che non doveva uccidere quella possibilità di indossarli infilando contemporaneamente entrambe le gambe.

Agli occhi di Altea lui era davvero buffo, come tutti i visionari che almeno una volta avevano sorvolato il mare d’inverno, dispiegando le ali come giganti aquile. Tutte le aquile sono goffe mentre camminano. Fu allora che Altea gli prese la mano, guardò quegli occhi e pensò che non doveva raccontargli la storia dei visionari, dei mattoni e della malta, perché quella storia lui la conosceva già. C’erano solo altre pagine bianche da scrivere ed una missione comune: liberare il Minotauro e ritrovare il tempo giallo dei sogni, stavolta insieme.

Continua

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